Descrizione
“…Aielo [...] laquale, ha una delle prime fortezze del regno, che insieme con la Motta del Lago, anche egli buon luogo, et con altri Casali, è hoggi posseduta dallo Illustrissimo Sig. Alberico Cibo Malaspina Marchese di Massa et è lontano da Martorano 8 muglia…”.
Così descriveva Aiello nella sua opera[1], pubblicata successivamente, il frate umanista Leandro Alberti dopo il suo viaggio in Calabria, intorno al 1526.
La letteratura del passato e quella ancor più recente ci consente di comprendere l’importanza del ruolo assunto nei secoli passati dal centro tirrenico di Aiello per relazioni politiche, dovute alla presenza di importanti famiglie e personaggi, ed in particolar modo per le condizioni geografiche che hanno fatto assumere alla città capoluogo un luogo strategico, trattandosi di un insediamento posto al centro di una vasta area che va dalla costa di Amantea fino alla città di Cosenza[2].
Un dato rilevante, che emerge dallo studio della storia dello Stato di Aiello, è che esso fu dal 1566 al 1810 un feudo di proprietà di una famiglia le cui più antiche e documentate notizie sono legate alla città di Genova[3]: i Cybo Malaspina.
Una relazione redatta da Giacobo Antonio Barbaro, tratta da un documento del 1565[4], un anno prima dell’acquisto dello Stato di Aiello da parte dei Cybo Malaspina, segna un importante punto di partenza per la conoscenza e la rappresentazione del suo territorio: “…È situata detta terra di Aiello nella Provincia di Calabria in un luogo eminente, et per la maggior parte piana, l’aere molto buono, et sano, con la vista del mare, con fiumi, et grandissimo territorio distante da Mantea, Belmonte, da Martotano et Nocera sei miglia, et da Cosenza sedici muglia, et dal mare cinque. Il territorio del detto luogo tanto della università, come del Barone si stende in croce per lo manco cinque miglia; et dalla parte di settentrione sei. Il che si è fatto conto, che sarà in tutto 30 miglia di territorio. Et consiste in monti, colline et valli tutte fruttifere, et atto alla cultura abondante di pascoli et ghiande. Vi è abondantia di acque, mulini, giardini, et assai frutti et buoni; et adornata di buone case, et palazzi. Vi sono dottori, medici, speziali, notai ed altri mestieri, et gente nobile, et buona gioventù: E la terra serrata intorno intorno di muraglie…”.
Come riportato dalla relazione Barbaro, già nel 1565 la città appariva “…adornata di buone case et palazzi…”, il terremoto del 1638 provocò gravi danni alla struttura urbana della capitale dello Stato, che aveva subito notevoli perdite in patrimonio edilizio ed abitanti.
Un’altra importante opera che ci offre una lettura del territorio, unita ad una veduta della città di Aiello è quella di Pacichelli[5], compilata durante un viaggio in Calabria avvenuto verso la fine del XVII secolo; quando il Pacichelli si trova in Calabria durante il suo viaggio nel Regno, siamo in piena ricostruzione, tuttavia egli riporta il dato della presenza nella città di soli 400 fuochi. Un documento del 1771 fornisce alcune notizie utili per avere una idea concreta sulla struttura urbana di quel tempo. La città risulta posta in una buona condizione climatica e panoramica, aperta verso il Mar Tirreno e l’arcipelago delle Eolie, è servita da diverse strade interne, di cui la principale detta della Piazza (distinta in Piazza soprana e sottana). Le strade si presentano strette e irregolari ma generalmente pavimentate, alcune con una pietra volgarmente chiamata “Praga”. La strada principale della Piazza divide la città in due parti uguali: quella affacciata a Ponente detta della “Praga” e l’altra denominata “La Valle” che si incrociava con una strada trasversale. Le strade arrivavano alle quattro porte della città: la Porta “soprana”, la Porta “ricella” o già di “S. Giovanni” (verso Levante), la Porta del “Tubolo” e la Porta dei “Pignatari” (a Ponente). Una di queste porte, all’epoca risultava essere rovinata come le mure di cinta della Città (delle quali si potevano riscontrare i ruderi), sicuramente cedute in seguito al terremoto del 1638, che come si legge nel documento, “…danneggiò molti luoghi della Calabria, dal qual tempo quasi tutte le abitazioni furono nuovamente costruite, e sono tutte coverte a tetto e nò vie è casa generalmente che no abbia il suo giardinetto…”.
Nel 1787 la città si presentava racchiusa dalla cinta muraria che si estendeva sopra il monte denominato S. Elia, ma per la maggior parte le mura si presentavano cadute o lesionate e delle quattro porte un tempo esistenti non vi era che il disegno degli archi.
Fuori dal centro abitato si registrano diverse fontane che servivano ai cittadini: Le fontane più frequentate, perché le più vicine al centro abitato, risultano essere sette, una detta la Cisterna, situato sotto il passo di S. Elia, la seconda detta del Piano della Fontana, in prossimità del convento dei frati francescani, la terza del Tubolo, in prossimità dell’omonima porta, la quarta nominata Morcavallo, vicino alla Chiesa demolita di S. Giovanni, all’uscita del Paese quella del Canale, si aggiungono a queste quella di Colagnone e quella più distante del Convento Vecchio. Gli edifici religiosi della Città furono per la maggior parte ricostruiti dopo il terremoto del 1638; diverse chiese risultano localizzate nella veduta del Pacichelli rilevata alla fine del ‘600.
La Città di Aiello era costituita da diversi caseggiati, come testimoniano le diverse vedute, che ci documentano la consistenza del centro urbano in vari periodi. Danneggiata gravemente dal terremoto del 1638 la città fu riedificata gradualmente con la costruzione di alcuni palazzi e case.
Il castello di Aiello, di cui i pochi resti posti sullo sperone roccioso che sovrasta il Paese costituiscono ormai l’unica testimonianza. Leandro Alberti lo ricorda come “… una delle prime fortezze del regno…”. La consistenza del castello viene descritta in una relazione del 1565 oltre che da una serie di vedute prospettiche di Aiello nelle quali è ben rappresentato il castello ed il suo sistema difensivo già pubblicate in altri articoli da illustri studiosi che si sono interessati in passato e anche da noi oggi richieste all’archivio di Stato di Massa. Da studi e ricerche riscontrate con documenti sono stati datati alcuni di questi disegni al 1567 ed attribuiti a Giovanni Antonio Guido che proprio in quell’anno ha redatto la pianta del castello[6].
Il Guido era stato inviato dal marchese di Massa Alberigo I Cybo Malaspina ad Aiello per prendere visione e relazionare sui luoghi che egli aveva acquistato tramite il suo procuratore Giacomo di Roberto nel 1566, il Guido in una lettera del 3 febbraio 1567 scriveva […] io mando li disegni per via di Giacomo de Robertis li quali sono otto pezzi e vostra signoria possa notar come stanno li cosi […]. Nella relazione descrive la pianta del castello: “Da una delle porte di ingresso alla città di Aiello, quella detta Soprana, si incomincia a salire per una via assai ripida camminando per circa 100 canne o più fino ad arrivare alla prima porta del castello, entrati per detta porta si cammina ancora per 50 canne poi si trova la seconda porta, oltrepassata questa si entra nel castiglio del Castello il quale è fabbricato da tutte e quattro i lati nella sommità della roccia intorno intorno vi si posson camminar a mala pena [...] vi è un’altezza di più di e anco 60 canne per ogni lato[...] nel castello vi sono stanze molto belle e comode e belle sale che però non si possono abitare a causa della pioggia che vi entra per difetto dei tetti che sono tutti rotti [...].
Nella pianta del castello ci sono disegnate le canne piccole con le quali si possono sapere tutte le parti della lunghezza e larghezza di detto castello”
Oltre a questo esiste un altro documento datato 1593, è l’informazione di Flaminio Cattaneo del Castello di Aiello in Calabria con allegata un’altra pianta del castello, in questo documento vengono descritti in maniera dettagliata tutti gli ambienti del castello e la loro condizione: “Come si parte dalla porta di sopra che usano chiamarsi la porta verso Greco. Si comincia a montar verso il Castello per una strada assai dolce la quale è larga 5 braccia [...] si cammina per quella strada verso scirocco braccia 103 e poi si gira verso Greco per una strada assai dolce braccia 73, poi si volta tra levante e scirocco e si cammina braccia 99 lì si trova il principio del Castello, la strada è stata scavata nel tufo é...*, dal principio del castello sino alla porta del ferro ci sono 127 braccia e si trova detta porta del ferro la quale è doppia e da una porta e l’altra vi sono 11 braccia, come ci si trova tra le due porte vi è uno spazio lungo 282 braccia e di larghezza 105. Da un lato vicino la porta verso destra vi è il luogo dove era la stalla la quale si presenta scoperta, accanto ad essa vi è una torre, da qui si diparte una cortina lunga 282 braccia che verso scirocco sino a raggiungere una torre quadrata dove vi sono due stanze su due livelli, su da questa torre percorrendo un corridoio scoperto sopra il muro maestro si arriva all’altra torre, di forma ottagonale, e su questo lato si apre lo strapiombo di notevole altezza.”
In un altro documento del 17 novembre 1596, Giovanni Paolo De Valle d’Aiello invia a Massa la nota spese fatte per alcune riparazioni del castello.
Dagli studi e ricerche fatte e pubblicate da Marcello Cammera in “Nuove Fonti Documentali sul Castello di Aiello Calabro”[7] emergono altri documenti che descrivono alcune tappe cronologiche importanti sullo stato dei luoghi ad Aiello e quindi anche sul Castello. Uno di questi è la Relazione di apprezzo dello Stato di Aiello sito in Provincia di Calabria citra formato dal Regio Architetto Tavolario del S.R.C.D Nicola Schioppa nel 1771, nell’ambito delle trattative tra la Duchessa Maria Teresa d'Este e Ristaino Duca di Popoli Principe di Acaja e Montemiletto, suo cognato per la tenuta dello Stato di Aiello.
La relazione dedica ampio spazio alla descrizione dettagliata dello stato del castello all’epoca della visita del Tavolario Schioppa, che qui riportiamo insieme ad uno stralcio della Mappa dello Stato (Fig.7) redatta per l’occasione: “Sull'estremo di quel passo, che difende la città da Levante vedonsi Le fabbriche dell'Antico Castello fatto fabbricare da Francesco Siscar vicerè della provincia e che da Ferdinando di Aragona fu dato in Feudo Aiello con i predetti suoi Casali, la sua con struttura si osserva essere fatta molto bene Intesa, vedendo si più porte che le danno l'ingresso. I Baluardi (le torri) negli estremi separatamente, la torre di guardia molte Mura, dove mancava la natural difesa del passo, Specialmente in quei pochi piani, che vi sono di intorno ed oggi si vedono coltivati e questo si presenta. come più di una sufficiente abitazione
Guardando il suo circuito si intende quanto puoi opera grande, la quantità dei membri e la loro sistemazione e di tutte le comodità di cui era fornito ma oggi conserva appena prestigio della sua Antica grandezza.
Molte fabbriche sono rovinate, altre addirittura dovrebbero ricostruirsi, mancano per la maggior parte tutti i pezzi d'opera di legname con le loro serrature, i pavimenti, o sono rovinati o minacciano rovina, le coperture sono tutte rovinate in alcune parti Vi sono i tetti esistenti,, abita il carceriere, e altri due persone ha dette alle carceri vi è una cappella coperta da Lamia (volta) a botte, in cui vi è l'altare di legno ed una tavola dipinta con un quadro nel mezzo, dove vi sta dipinta Nostra Signora della Concezione, con San Pietro e Paolo VI è il calice con la sola coppa d'argento.
In tutte le feste Vi si celebra la messa per i carcerati, vi provvede il Cappellano, dal vescovo e dalla camera Ducale Sì corrispondono 25 tomole annue di grano
Attorno alle suddette fabbriche vi sono due giardinetti piantati. con alberi di fichi e frutta...
tra gli incartamenti inerenti la relazione Schioppa si è rinvenuta una piantina del "Castello d' Aiello guardato da terro", molto schematizzata ma efficace nella indicazione numerica delle fabbriche e del loro stato di conservazione .
Ciò che fino ad oggi è stato realizzato ha riportato alla luce, in seguito agli scavi archeologici, ambienti che confermano la valenza delle planimetrie su riportate, ed oggi il castello si presenta come mai è stato visto. Molti sono i reperti che sono rinvenuti che ci hanno consentito di datare con certezza alcuni periodi di vita del castello giungendo a dei risultati molto utili alla sua ricostruzione storica che dagli Arabi, i Bizantini,i Normanni, gli Angioini e gli Aragonesi, giunge fino agli albori dei giorni nostri.
Con questi lavori si è riusciti ad identificare alcuni corpi di fabbrica facenti parte del complesso architettonico, facendone una descrizione generale. Allo stato attuale non esisteva datazione alcuna dei corpi di fabbrica all’interno del castello e le uniche notizie in merito alla struttura erano di carattere storico ma in nessuna di esse vi erano dati precisi riguardanti la costruzione delle singole strutture. Per quanto riguarda gli altri corpi di fabbrica in assenza attualmente di un’indagine archeologica che consenta di attribuire una cronologia precisa non si possono che fornire i dati descrittivi inseriti comunque nelle schede di catalogazione; un indizio che però sicuramente costituisce un’informazione cronologica interessante è costituito dalla presenza nelle murature della presenza di coppi e tegole che compare (in Calabria) decisamente in contesti post medievali, molto probabilmente a partire dalla metà del XVI secolo.[8]
Molto altro ancora c’è da fare e da svelare, è questo l’obiettivo che ci siamo prefissati in tempi molto brevi, con la certezza che alla cisterna e alle carceri tanti altri ambienti oggi sconosciuti saranno resi fruibili.